COVID-19 in gravidanza, parto e allattamento: gli aggiornamenti nazionali e internazionali

ISS: La trasmissione verticale dell’infezione (trasmissione da madre a bambino prima della nascita o intrapartum), è stata oggetto di approfondimento e riflessione sul numero di JAMA del 26 marzo che riporta tre contributi [1,2,3] a sostegno di tale possibilità e un editoriale [4] che argomenta la robustezza delle prove ad oggi disponibili. Le precedenti pubblicazioni relative ai parti avvenuti in Cina avevano decritto la mancanza di evidenze a sostegno della trasmissione verticale. Il liquido amniotico, il sangue del cordone, i tamponi nasofaringei dei neonati, i tamponi placentari e vaginali e i campioni di sangue di madri COVID positive erano infatti risultati sempre negativi alla ricerca del virus SARS-CoV-2 [5,6,7,8,9,10,11]. I nuovi lavori descrivono neonati di madri COVID-19 positive, in alcuni delle quali c’è stato riscontro di IgM SARS-CoV-2 nel siero alla nascita [1,2]. In tre neonati è stato eseguito il tampone rettale, con risultato positivo ai giorni 2 e 4 e risultato negativo al giorno 6-7 [3]. Dal momento che le IgM, a causa della loro struttura macromolecolare non sono in grado di attraversare la placenta, il loro rilevamento è suggestivo di risposta immune neonatale secondaria a una infezione avvenuta in utero. Nessuno dei neonati presi in esame è tuttavia mai risultato positivo ai tamponi con RT-PCR eseguiti alla nascita e ripetuti fino a 16 giorni di vita. La sierologia negativa non permette di escludere la trasmissione del virus dopo la nascita, sostiene Kimberlin nell’editoriale [4] nel quale sottolinea come la diagnosi di infezioni congenite attraverso la ricerca delle IgM ponga dei problemi legati a possibili falsi positivi e negativi della metodica che è meno affidabile dei test di diagnostica molecolare. La cinetica della diminuzione delle IgM SARS-CoV-2 descritta nei lavori risulta inoltre molto più rapida rispetto a quella rilevata in altre infezioni a trasmissione congenita. L’editoriale conclude pertanto che prima di confermare una possibile trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 occorrono evidenze maggiori di quelle descritte nei casi presentati.

Due nuovi lavori cinesi [12,13] descrivono la gestione materno-fetale delle pazienti positive al virus SARS-CoV-2 e una pubblicazione di Singapore [14] delinea una cornice di riferimento per i centri Hub chiamati ad assistere in sicurezza le pazienti COVID-19 positive e gli operatori sanitari.

Il RCOG, in collaborazione con il Royal College of Midwives, Royal College of Paediatrics and Child Health, Royal College of Anaesthetists, e l’Obstetric Anaesthetists’ Association, ha pubblicato il quinto aggiornamento del documento su infezione da Coronavirus (COVID-19) e gravidanza [15]. Le principali novità riguardano un riferimento al sospetto di trasmissione verticale dell’infezione, che abbiamo già descritto in dettaglio in questo aggiornamento, e una sezione dedicata ai professionisti sanitari che assistono donne in gravidanza con infezione COVID-19 sospetta o confermata, con indicazione a interventi chirurgici ostetrici e ginecologici. Oltre agli aspetti relativi all’organizzazione delle sale operatorie, l’aggiornamento approfondisce le indicazioni all’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori sanitari. Il RCOG specifica che l’unica procedura assistenziale in ambito ostetrico che espone al rischio di aerosol è l’intubazione in caso di anestesia generale per taglio cesareo. Le indicazioni del RCOG per l’assistenza al parto vaginale prevedono pertanto l’uso della mascherina chirurgica. L’aggiornamento del 28 marzo del Rapporto ISS COVID-19 n. 2/2020 [16] prevede che «anche nei contesti assistenziali ove non sia praticata CPAP/NIV è comunque preferibile, ove disponibili, il ricorso a filtranti facciali in base a una appropriata valutazione del rischio che tenga conto anche del significativo incremento del tempo di esposizione, effettuata a livello della struttura dal datore di lavoro con la collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente».

L’International Confederation of Midwives (ICM) ha diffuso uno statement sull’assistenza alla donna e al neonato rivolto a ostetriche, professionisti e decisori coinvolti nell’assistenza alla nascita. Il documento esprime preoccupazione per l’introduzione di modalità assistenziali inappropriate in risposta alla pandemia COVID-19, raccomanda il rispetto dei diritti delle donne e dei neonati e l’adozione di pratiche assistenziali evidence-based [17].

La Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) ha pubblicato un documento che descrive le indicazioni per la gestione anestesiologica-rianimatoria di pazienti con sospetta o accertata infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19) nel peri partum. La prima versione ad interim del documento passa in rassegna l’assistenza alla gravidanza, parto vaginale, taglio cesareo e post partum descrivendo anche le indicazioni per il trasporto e la gestione clinica della paziente [18].

La Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica e Metodologie Biofisiche (SIEOG) ha emanato raccomandazioni relative alla programmazione dell’attività ecografica, alla protezione degli operatori sanitari dedicati all’esecuzione degli esami ecografici ed alla prevenzione della contaminazione, la pulizia e la disinfezione degli ambulatori e delle apparecchiature ecografiche in relazione all’epidemia da virus SARS-CoV-2 [19].

In un articolo pubblicato sull’Italian Journal of Gynecology & Obstetrics, Franchi et al. sintetizzano la letteratura esistente sulla gestione ginecologica e ostetrica delle pazienti con COVID-19. Gli autori riprendono le indicazioni emergenti dai case report cinesi e dalle principali Agenzie internazionali, tra cui CDC, Royal Colleges inglesi e OMS [20].

Relativamente all’allattamento, alcuni autori cinesi, come già affermato in precedenti pubblicazioni, sostengono che le donne con infezione sospetta o confermata, con o senza sintomi, non dovrebbero allattare. I neonati con infezione da SARS-COV-2 sospetta o confermata dovrebbero essere temporaneamente separati o isolati [21,22,23].

Sulla base dell’assenza di rilevazione del virus nel latte materno, Dashraath et al. sostengono che l’allattamento non è controindicato e che la madre dovrebbe rispettare le misure igieniche raccomandate per evitare il rischio di trasmissione attraverso le goccioline del respiro [14].

Rimangono invariate le indicazioni del CDC [23,24] e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità [25], e riconfermate quelle dei Royal Colleges inglesi [15].

Tra gli aggiornamenti dei Royal Colleges una raccomandazione è stata modificata includendo entrambi i genitori nel processo decisionale di valutazione dei rischi e benefici nella gestione dell’allattamento, nel caso in cui uno dei due genitori risulti infetto [15]. Relativamente ai genitori e caregiver che potrebbero essere temporaneamente separati dai loro bambini e bambine, l’OMS raccomanda di fornire un adeguato supporto da parte di personale, sanitario e non, debitamente formato per la salute mentale e il supporto psicosociale [25].

In un Insight into Practice and Policy pubblicato sul Journal of Human Lactation Marinelli descrive le ricadute della pandemia sulla gestione del latte umano donato. Sono stati contattati i referenti di Banche del Latte in Cina, Italia e USA [26]. In Cina sia la donazione sia la richiesta di latte umano sono diminuite per effetto della pandemia; sono state incrementate le misure di screening per la donazione e anche il sistema di raccolta che avviene direttamente in ospedale. Il latte raccolto a domicilio non viene accettato. In Italia le donazioni sono diminuite, probabilmente perché le donne preferiscono non andare in ospedale; l’alternativa della raccolta a domicilio ha subito una battuta d’arresto per la necessità di dedicare tutto il personale alla gestione dell’emergenza. A Milano il sistema di donazione del latte è sostanzialmente sospeso. Per quanto riguarda le banche del latte in USA, al momento non sembrano esserci ancora effetti sulla donazione o sull’offerta. Lo stesso articolo riporta, in maniera errata, l’informazione della rilevazione di anticorpi anti COVID-19 nel latte di una donna infetta. In realtà al momento l’unica ricerca effettuata sugli anticorpi è relativa alla pregressa epidemia di SARS [27]. Lo studio promosso dall’Iss contribuirà alla ricerca di questi anticorpi nel colostro e nel latte materno [28].

Nel documento rilasciato il 30 marzo 2020 sul tema dell’alimentazione infantile nel contesto del COVID-19, UNICEF, Global Nutrition Cluster e Global Technical Assistance Mechanism for Nutrition [29] riprendono le indicazioni dell’OMS con un richiamo specifico all’aderenza al Codice Internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno [30] e alla Guida per la cessazione della promozione inappropriata di cibi per i lattanti e i bambini piccoli [31]. In particolare, richiamano l’attenzione sui rischi delle donazioni di formule sostitutive per lattanti e prodotti per la prima infanzia e rimandano all’applicazione della Guida Operativa per l’alimentazione infantile nelle emergenze [32]. Invitano, inoltre, a fare leva sui social media, web e mass media per fornire informazioni e contrastare pregiudizi e disinformazione. Anche in Italia sono state segnalate iniziative di raccolta e donazioni di formula, in contrasto con quanto attualmente indicato [32,33] (su questo tema leggi anche l’approfondimento ”L’alimentazione infantile nelle emergenze”).

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