Salvate il Soldato Iadicicco

Il sacrificio di Armando Iadicicco, prigioniero nell’Isola di Ceylon

Una storia come tanti, quella di Armando Iadicicco, ma con un epilogo non comune.
Una di quelle storie di ventenni che negli anni 40 del secolo scorso furono mandati allo sbaraglio al fronte per consegnare il loro futuro alla guerra.
Era nato il giorno di San Francesco, venerdì 4 ottobre del 1912. Una notte in bianco per papà Antonio e per mamma Carmela. Alle 3 circa, un bel bambino squarcia il silenzio di Via Melorio a Santa Maria Capua Vetere. Gli fu imposto come nome Armando. Il nome si disse era stato dato in ricordo di un fratello della madre emigrato in America.


Armando crebbe assieme a molti fratelli e sorelle. Una vita come le altre. Una fidanzata nella vicina Bellona, ed il servizio militare nel 1933.
La storia stava per coinvolgerlo e scoppiata in tutta la sua arroganza la seconda guerra mondiale, Armando lascia fidanzata, famiglia e casa per partecipare a diverse operazioni militari. Le prime imprese nel 1940. Il 28 maggio del 1941 viene assegnato al 20° centro automobilistico.

Il giorno dopo il 29 maggio parte con il suo contingente per la Libia, ad assecondare una miope e folle visione militare che li avrebbe portati allo sfacelo.

Battaglia di Bardia, Libia.


La sua destinazione è Bardia, che minacciata dagli Inglesi va rafforzata con nuovi uomini. Di li ad un mese infatti gli Inglesi con il debuttante esercito australiano pongono in assedio Bardia per strapparla agli italiani.

La battaglia di Bardia fu combattuta per tre giorni tra il 2 e il 5 gennaio 1941, come parte dell’operazione Compass, la prima operazione militare della campagna del Nordafrica nella seconda guerra mondiale.
La 6ª Divisione australiana del generale Iven Mackay assaltò la fortezza italiana di Bardia, in Libia, assistita da supporto aeronavale e sotto la copertura del fuoco d’artiglieria.
Nel solo primo giorno furono 8000 i prigionieri italiano. La cifra continuò a salire nei giorni successivi fino a contare 36000 prigionieri nell’ assedio. E finire alla spaventosa cifra di 45000 prigionieri a fine operazione.

Dai primi provvisori campi di concentramento in territorio libico, delimitati utilizzando matasse di filo spinato e paletti piantati nella sabbia, i prigionieri vengono avviati presso i campi di smistamento in Egitto. Il nostro Armando rimase coinvolto ed il 4 di giugno fu catturato dagli Inglesi e portato, come prigioniero, ad Alessandria d’Egitto presso il Campo 308. Vi arrivò e fu censito come prigioniero il 12 di giugno del 1941. Dopo le prime incertezze, e solo dopo tre mesi, il 23 settembre del 1941 si avvisa a casa della sua cattura. Inizia per mamma Carmela un calvario fatto di attesa e vana speranza. Armando è celibe, ma ogni tanto, come riferimento alla sua corrispondenza inserisce come indirizzo del coniuge la casa della sua fidanzata, che prestò lo dimenticò per risposarsi.

Gli Inglesi si trovano a far fronte ad un fenomeno nuovo, cioè a quello che dei prigionieri di massa. Cosa fare di quei soldati? Come toglierli dallo scacchiere della guerra per renderli inermi?
Fu deciso di spedire tutti, con bastimenti molto capienti nelle diverse colonie di Sua Maestà, lontano dallo scacchiere della guerra.
E così assieme ad un numero sempre crescente di prigionieri gli Inglesi inviarono prigionieri in mezzo mondo. Il nostro Armando Iadicicco finì in India e di li nell’Isola di Ceylon, precisamente nel campo POW Camp Ceylon (oggi conosciuta come Sri Lanka). Gli anni passano ed i prigionieri, seppur trattati bene, passano una vita dettata dalla noia insopportabile, da condizioni igienico sanitarie deprecabili e da un clima tropicale non facilmente sopportabile.
A fine 1943 si inizia a parlare di rientro di questa grande massa di prigionieri, seppur in un Italia che avrebbe visto ancora due anni di guerra. Dal 1944 si provvede a rilento a pianificare i rientri ma le notizie dall Isola di Ceylon non sono buone. Il rientro di Armando appare più complicato del previsto. Lo Sri Lanka gli ha regalato un bel passatempo: La Malaria.
Vengono così ulteriormente trattenuti, quando tutti gli altri connazionali rientravano, solo quattro soldati italiani nel piccolo ospedale di Trincomalee. Le condizioni peggiorano ed a fine anno, precisamente venerdì 28 dicembre del 1945 Armando cede alla malattia. Alle ore 19.10 presso il piccolo Combined service hospital di Trincomalee muore lontano da tutti. Il referto non lascia dubbi: malaria mentale.

La tomba di Armando Iadicicco a Trincomlee Sri Lanka

Il corpo suo e dei quattro sventurati commilitoni italiani: Giovanni Bazzucchi, Nunzio Frizza, Giovanni Mazzoleni, viene sepolto nel cimitero inglese militare di Trincomalee. Vengono ricordati come “Morti per la Patria” .

Trincomalee British War Cemetery


La famiglia avvisata del tragico epilogo non poté che piangerlo e ricordarlo. Neanche la possibilità di poterlo perlomeno piangere da eroe, ma in Patria.
Il fratello più piccolo di Armando, Elpidio, di li a 5 anni ebbe il suo primo figlio a cui diede il nome Armando, in ricordo di quel fratello che mai poté rivedere. Un’altra sorella, Elvira, non trovò pace e tento per vent’anni di riavere perlomeno la salma di quel fratello caduto per la Patria.
Il 25 febbraio del 1972 il ministero della difesa risponde alla richiesta di Elvira spiegandole che “i resti mortali dei caduti inumati in sacrari o cimiteri di guerra a carattere permanente non possono più essere rimossi”. La invitò però, seppur con agevolazioni, di recarsi in Sri Lanka per una visita. Cosa che ovviamente ne lei ne altri familiari poterono mai fare. Oggi Armando Iadicicco, assieme agli altri tre connazionali, riposano ancora li. Fortunatamente con la medesima cura e sacralità con la quale vengono mantenute le tombe dei caduti Inglesi a Trincomalee.
Prima o poi gli farò visita.

Daniele Elpidio Iadicicco
in memoria del prozio Armando, a 74 anni dalla morte

Si ringraziano Fabio Albano ed il Generale Paolo Gerometta per l’aiuto nelle ricerche.

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