Eramo Gattola

Eramo Gattola (Gaeta 1662 – Montecassino 1734) fu un archivista e storico di notevole importanza. Gattola era discendente di una nobile famiglia gaetana già presente sul territorio nell’XI sec. La forte personalità culturale del Gattola gli permetterà di fondare l’Archivio di Montecassino, in senso scientifico. Lo stesso ricoprirà il ruolo di archivista dal 1697 fino alla morte. Si deve proprio al Gattola la scoperta del famoso “Placito Capuano”, primo documento in volgare italiano (960). Sempre il Gattola si occuperà dell’acquisto, per conto dell’Abbazia, di una serie di pergamene di Gaeta. L’opera del monaco di origine gaetana farà da base per il fondo utilizzato da Giovan Battista Federici monaco cassinese per redigere la prima raccolta di pergamene del nostro territorio: “Degli Antichi Duchi e Consoli o Ipati della Città di Gaeta” (1791).

Targa posta a Gaeta in Via Ladoslao I

ALL’ABATE ERASMO GATTOLA
NATO IN GAETA IL 14 AGOSTO DEL 1662
MORTO IN MONTECASSINO IL 1° MAGGIO DEL 1734
CHE PER LA PRODIGIOSA DOTTRINA
EMULO I PIU GRANDI ERUDITI DELL’ETÁ SUA
GAETA ANNOVERANDOLO CON ORGOGLIO
FRA I PIU ILLUSTRI SUOI FIGLI
NEL SECONDO CENTENARIO DELLA SUA MORTE
QUESTO RICORDO POSE

ANNo XIV

Erasmo Gattola:
Da “Storia dell’Abadia di Montecassino” di Don Luigi Tosti
Volge al suo termine il racconto di questa storia cassinese, e venendo a quel terribile traboccamento di uomini e di pensieri che seguì allo scorcio di questo secolo XVIII, e che disertò la badia, è bene che io dica in quali condizioni la trovasse la traculenta rivoluzione francese. Erano in fiore i buoni studii; e si era svegliato negli animi de’ Cassinesi un certo amore pei fatti del medio evo, e perciò un lodevolissimo desiderio di contarli, essendo quel loro archivio una bella fonte di notizie, che loro ne offeriva il destro. Sante voglie non le ebbero generosi monaci, ma aiutarono le provvidenze del governo, ed ammiserirono per la grettezza del reggimento monastico. Faticavano in un arringo glorioso, ma poi li coglieva l’inerzia; perché un patrimonio di tre milioni di ducati era poco a sopperire alle miserabili spese topografiche! Tuttavolta si travagliarono gl’ingegni, e fruttificarono a pro delle patrie storie. Anzi questa maniera di studii sui fatti del medio evo grandemente coltivati in Montecassino, e ne’ monisteri benedettini di Francia in questo secolo XVIII fece avvisati molti della grande utilità che sarebbe venuta dal rischiarare i tempi di mezzo. Primi furono i Benedettini in questa opera, perché ne avevano i documenti; poi cento altri solertissimi ingegni, tra i quali fu quel trapotente Ludovico Antonio Muratori, discepolo del Cassinese Bacchini. Allora, come eruditi, si fecero gli uomini a cercare le vecchie memorie ed a pubblicarle; oggi, come filosofi, le vanno cercando e chiosando, per istudiare nella sua culla questa moderna civiltà, conoscerne per quali vie abbia camminato nella sua infanzia, e da quelle argomentare il come farne oggi più spedito il progresso a vantaggio delle umane generazioni. Perciò que’ monaci, di cui son per dire, disseppellendo dalla polvere dell’archivio quelle cronache, quei diplomi e bolle ed altre scritture, non solo fecero più splendente la storia della loro patria, ma fornirono gravissimi argomenti alla meditazione de’ filosofi. Tra questi è da fare in questa storia onorevole ricordanza del Gattola, che andò innanzi a tutti per amore che portò agli studii storici, e pel continuo travagliarsi che fece su le antiche scritture. Nell’agosto del 1662 sortì i natali in Gaeta da Girolamo e Giovanna d’Alvito, ambi ragguardevoli per chiarità di sangue e ricchezza di fortuna. Contava il tredicesimo anno dell’età sua, quando i parenti lo menarono in Montecassino, ad apparare umane lettere. Piacquegli la tranquilla stanza, e si votò a Dio, rendendosi monaco. Istrutto delle consuete discipline, addisse l’animo alla storia, e specialmente a quell’arte, per cui quella è ministra di verità, dico alla diplomatica; ed, aiutando la naturale attitudine a questa maniera di studii con la indefessa fatica, venne in breve a tanta perizia di quelle cose, che gli confidarono l’archivio cassinese. Fino a’ suoi tempi non era stato alcuno, oltre a quell’Angelo della Noce, che dopo tanto scempio, sul codice cassinese, tornò alla sua interezza la cronica di Leone Ostiense, che avesse posto mano alle croniche ed ai diplomi per illustrarle, e renderle di pubblica notizia. Egli primo le svolse, le interpretò, e, lucubrandole, le rassegnò. Aprì que’ manoscritti, incui i monaci del medio evo avevano riposta la salvata sapienza degli antichi; e conobbe quali si stessero ancora nelle tenebre, quali traformati avessero visto la luce. Sparsa in Italia e nei paesi oltramontani la fama di questo laboriosissimo monaco, quasi non fu uomo, che, ponendosi ad alcuna opera riguardante i tempi di mezzo, non si volgesse a lui, chiedendolo di lumi e di notizie. Il Muratori, il Bacchini, il Querini, Noris, Ciampigni, Zaccagnini, Fontanini, il Mabillon, Montfaucon, Ruinart, Calmet, e tutta quella operosissima congregazione di San Mauro, usarono con lui per lettere; ed allora fu visto nel Gattola un singolare esempio del santo ministro, cui sono deputati i monaci di san Benedetto. Io non posso andare con l’animo a quella età e leggere le originali lettere di que’ valentuomini senza che me ne venga una gioia grandissima, e per quel ricambiare di aiuti che facevano i Cassinesi che coloro nell’aringo della storia, e nel vedere questi monaci veri sacerdoti della sapienza. Per la qual cosa nelle opere di que’ valentuomini leggesi fatta ricordanza onorevole di quel Gattola, che ad ogni loro richiesta fu largo di aiuto. Conseguitava anche da questo un doppio bene ai Cassinesi, uno stimolo che li concitava a fare qualche cosa, e l’acquisto di molti libri, che dagli autori riconoscenti erano donati alla libreria di Montecassino. Ma il Gattola non poteva tenersi dall’operare per sè quei tesori dell’archivio de’ quali era così largo con gli altri. In quel tempo era molto tribolata la badia per liti e controversie, che andavano sempre a ferire la spirituale e temporale sua signoria, segno che il suo feudalismo toccava già la decrepitezza. Egli se ne sentiva piangere il cuore; e, per rimediare a quel male, divisò raccogliere e pubblicare tutti que’ diplomi e bolle, sulle quali reggevansi le giurisdizioni della sua badia, e queste rannodare con un filo di storia, che ricordasse i fatti cassinesi, l’antica potenza, ed i monaci che per santità di vita e per dottrina furono chiari. Spose il suo divisamento ai monaci, e il Longo, e il Mantoya, il Giustiniani gli si aggiunsero compagni nella fatica, che poi in quattro volumi in foglio vide la luce nel 1734 in Venezia pe’ tipi del Coleti. Io non darò giudizio di opera assai conosciuta; dirò solo che benissimo ebbe meritato questo monaco degli studiosi delle patrie storie, avendo aperta una vena di antichi monumenti, che loro portano molto di luce.

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