#StorieDiFamiglia: I Di Macco di Gaeta

I Di Macco sono una storica famiglia di Gaeta. Di questa casa hanno fatto parte notai e medici. Può inoltre questa famiglia poter vantare quello che fu il primissimo Sindaco di Gaeta nella nuova Italia unita un tale Paolo Di Macco nominato in maniera non legale da soli cinque consiglieri a due giorni della resa di Gaeta nel 1861 poi non ratificato dal Gen. Cialdini. Un altro Di Macco, Gaetano, fu invece sindaco di Gaeta dal 10 settembre al 15 dicembre 1944. Il personaggio senza meno più illustre della famiglia fu don Antonio di Macco.
NEL 1835 Papa Gregorio XVI nomina ad Arvescovo di Acerenza e Matera il canonico della Cattedrale di Gaeta don Antonio di Macco conosciuto per le sue idee liberai come il “Vescovo protestante”. Costui, riferisce Gaetano Moroni Romano nel suo “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica” contrariamente a quanto si è sempre scritto era nato a Livorno ed era a Gaeta come professore del seminario. Altri riferiscono si che sia nato a Livorno ma da genitori sempre di Gaeta. Il padre di Antonio sembra infatti essere stato un armatore.

Si riporta qui di seguito un estratto da “Il Convitto nazionale di Matera “ Prima edizione digitale maggio 2016 di L. di Fraja che ben descrive questa figura.

“Il nome di Mons. Antonio di Macco, venerato dagli uni e vituperato dagli altri, non può essere
ricordato senza un senso di gratitudine da chi s’occupi del Seminario di Matera. Sebbene gli abbia creato un rivale, fondando in Acerenza, dapprima, un Istituto preparatorio al Seminario stesso, e
poco di poi, un Seminario vero e proprio, certo è che, dopo il fondatore, pochissimi altri Arcivescovi ebbero per quest’istituto tante paterne cure, così sagaci accorgimenti d’amministratore,
tanto generosa larghezza nello spendere. Installatosi nel Seminario, in due sole stanzette, prese a personalmente dirigerne il funzionamento e gli studi; redasse e pubblicò in un prezioso volume gli ordinamenti da lui fissati; incoraggiò e protesse la gioventù che lo frequentava, vi chiamò ad insegnare valentissimi docenti, senza preoccuparsi troppo, talvolta, del fatto che essi avessero
idee per il tempo troppo spinte; in modo che ben presto i locali che, pure, nel 1818, a detta del suo
predecessore Mons. Cattaneo, eran capaci di circa duecento allievi, divennero insufficienti alle richieste che d’ogni più lontano paese affluivano. L’istituto preparatorio che vi annesse nell’anno 1849, accogliendo un buon numero d’alunni dai cinque ai dodici anni, rese ancora più sensibile l’angustia dei locali. Seriamente preoccupato di ciò e comprendendo quale vantaggio morale ed economico il Seminario avrebbe potuto trarre da un accresciuto numero d’alunni, provvide dapprima al prolungamento dell’edificio verso il giardino. Ne risultò così raddoppiata
la capacità delle tre camerate del primo piano, e degli ambienti sottostanti (cucina, refettorio e
palestra); il corridoio fu d’altrettanto prolungato e create pure due nuove aule al primo piano e due a quello terreno.
In seguito, fabbricò il secondo piano, ricavandone ben sette belle sale, da adibire a scuole, edificò la
Cappella interna, per ché più comodamente i Seminaristi potessero adempiere ai loro doveri religiosi, abbellì la chiesa, la dotò d’un nuovo organo e arricchì di molte moderne opere la biblioteca. I risultati di tanto audace rinnovamento non tardarono a manifestarsi: ben presto gli alunni furon duecento; nel 1855, al momento della morte di Mons. Di Macco, eran duecento cinquanta circa.
Ma la prosperità materiale dell’istituto, indicata dal numero degli alunni e dai risultati dei conti,
era di gran lunga superata dalla fama ch’esso s’era acquistata. Vi si insegnavano, ora, le lingue
italiana, latina, greca, francese ed ebraica, le scienze e la matematica, la filosofìa, la morale e la teologia, la storia sacra e profana, il diritto civile e canonico, il canto, il disegno e la calligrafia. Mons. Di Macco nutriva sentimenti veramente liberali ed ebbe per questo a soffrire soprusi e persecuzioni. Il 15 dicembre 1849 osò rivolgere al Cardinale di Napoli una lettera con la quale lo
invitava a raccogliere i voti di tutto l’Episcopato del Regno per chiedere al Re un’amnistia generale per tutti i prigionieri politici che stipavano le prigioni del regno. Per questo suo atto nobile e generoso e fors’anche perché pubblicò diversi opuscoli polemici contro il protestantesimo che
prendeva piede nella Diocesi, fu chiamato il Vescovo protestante Durante il suo lungo presulato egli
portò a termine molte utili imprese sia religiose che civili. A lui Matera deve un pozzo posto nella località detta del Purgatorio vecchio e largo concorso diede al compimento della strada che unisce Matera a Potenza. Per la riforma del Seminario chiese ed ottenne il concorso dei più illuminati cittadini di Matera, fra i quali il Conte Gattini, padre dello storico Conte Giuseppe e barbaramente
trucidato nel 1860 per le sue idee liberali”

Daniele E. Iadicicco

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