Formia: “Filumé…tu si na santa”

A cura di R.Serao

Filumena Marturano: il nome di una donna, di un personaggio, che riporta subito alla mente un classico di Eduardo De Filippo.


La protagonista, Filumena Marturano, da subito porta il pubblico a mettersi dalla sua parte, a sentire con lei, a provare empaticamente la comprensione per le vicissitudini ,le scelte sbagliate, difficili, eppure necessarie, ma soprattutto a comprendere il suo grande, immenso amore amore di madre.
Molto bella, emozionale e soprattutto sperimentale seppure nel rispetto della tradizione la visione teatrale, l’adattamento e la regia di Enzo Scipione, che nella sua “Filumè…tu si na santa” , andato in scena il 22,23 e 24 marzo nella sala circolare della Torre di Mola, a Formia. Il regista, in scena nei panni di un Don Domenico vigile, beffardo, cinico, attento eppure passionale, ha sperimentato infatti una nuova concezione dello spazio scenico, dove pubblico e attori occupano lo stesso piano e la stessa dimensione. Il primo ad entrare in scena è proprio Don Domenico. Ha fretta tu fare una telefonata inossa la giacca, si guarda un attimo allo specchio e subito è pronto a telefonare alla nuova amante. Ma al cospetto entra alle sue spalle Filomena Marturano, il cui timbro di voce forte e chiaro palesa la sua presenza e anticipa nel tono che ha richieste importanti e imprescindibili. Dalla sua presa di posizione, postura e tono, il pubblico intuisce da subito che Filomena ormai non è più disposta a rinunciare a niente.
In questo la bravura dei protagonisti, a un passo dalla prima fila degli spettatori è stata ineccepibile. Giusta nei tempi, con grande ricchezza espressiva e mimica facciale, l’attrice Laura Lippolis, che non è mai uscita dalla commozione e dalla tensione emotiva del suo personaggio, Filomena Marturano appunto. Entra in scena decisa, sicura. Sa quello che vuole. Il suo è stato un percorso difficile,vfarto di rinunce e compromessi. La Lippolis/Filomena rimarca di non aver mai saputo/potuto piangere,perché lavrua è stata una vita di assenza di felicità. Lo sguardo si poggia negli occhi del pubblico vicino diversamente, oppure si concentra nel ricordo.
La celebre battuta “E figli so’ ffigli” risuona ancora tra le pareti cilindriche della Torre che per l’occasione si è fatta spazio teatrale, con le quinte blu notte, le due tende fiorite e intonate, le due poltrone rivestire di tessuto rosa antico, il tavolino tondo, il vaso di rose rosse, lo specchio, la colonnina per il telefono a fili. Anche nella capacità di realizzare un interno in uno spazio così volutamente ridotto dall’attore rivela tutta la sua straordinaria capacità di chi ha con sé il mestiere di saper fare teatro.
Brava anche la bellissima e giovane Martina Todaro nel camice dell’infermiera Diana.
Laura Lippolis ed Enzo Scipione sono stati Filomena Marturano e Domenico Soriano in continua tensione, con uno scambio di battute mai abbassato nella tensione, nonostante la strettissima vicinanza con il pubblico. Sempre presenti a sé e al proprio ruolo, con dialoghi serrati e appassionati, con il plauso costante e caldo degli spettatori che hanno seguito il ritmo incalzante, drammatico e profondo di una donna resiliente, tra le complessità delle relazioni umane. Dunque, una piccola preziosa kermesse teatrale, con una messa in scena a tre attori, in uno scambio dialogico che riesce a far sentire la coralità delle voci di strada e del quartiere,voa presenza di altri personaggi che pure non sono in scena, primi fra tutti i tre figli di Filomena. Le battute dialogiche e concitate tra i due protagonisti delineano chiaramente, richiamandolo indirettamente, il passato della loro storia, come pure il loro personalissimo percorso di vita che li vede però uniti nel tempo seppure a modo loro, tanto che la giovane infermiere di turno,viene subito, alfine, liquidata e la giovane interprete Martina Todaro è bravissima a mettere in scena solo attraverso lo sguardo che ti continuo rivolge a Don Domenico, restando però immobile al centro della scena ,bloccata da tanta menzogna morale, il suo disappunto e rabbia. Esce con la testa abbassata,gli occhi i feriti e lucidi che guardano ancora di sfuggita l’uomo cinico. Nulla può vincere la forza di una Madre che lotta con le ultime energie rimaste per l’Amore dei propri figli.

Città:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *