Il Principe di Sansevero in Carcere a Gaeta

di Daniele Elpidio Iadicicco

Oggi parliamo di uno dei personaggi più eclettici ed affascinanti della Napoli settecentesca: Raimondo di Sangro, il Principe di San Severo (Napoli 1710–1771 ). Nelle sue biografie è descritto come: nobile, esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, mecenate, scrittore, letterato e accademico ed originale esponente del primo Illuminismo europeo. Ad oggi la Cappella Sansevero, a cui la sua storia è molto legata, è uno dei monumenti più visitati a Napoli che conserva opere straordinarie tra cui il Cristo Velato di Giuseppe Sammartino e le Macchine Anatomiche.

Per finanziare i suoi interessi, gli studi, gli esperimenti e le opere per la sua cappella il Principe fu costretto ad affittare alcune stanze del suo Palazzo ad uso di bisca clandestina. Per questo motivo, una volta scoperto, il Principe fu incarcerato per alcuni mesi nel Castello di Gaeta. Il primo ministro Tanucci informa l’ormai ex re Carlo di Borbone,  divenuto Re di Spagna che “essendo ricominciato lo scandalo dei giochi si sono cominciate le provvidenze economiche. Si manda S. Severo a Gaeta.” Ed ancora in un’altra lettera continua “Sansevero, il quale sta tuttavia in Gaeta ha più volte domandato il ritorno senza impetrarlo.”

La causa di questa grande caduta del Principe sta proprio nel rapporto avverso con il toscano Tanucci. Finchè era presente re Carlo a corte era stato sempre da lui protetto ( sua moglie Carlotta era dama di compagnia della Regina), ma partito il Re e con il piccolo Ferdinando I ancora giovane Tanucci poté sfogare quel suo astio contro il Principe, relegandolo a Gaeta. In alcuni testi, come possiamo facilmente immaginare, si parla più di un dorato esilio piuttosto che di una carcerazione. Più avanti per intercessione di influenti parenti e amici viene fatto avvicinare a Somma, poi finalmente a casa. Erano gli anni 60 del 700.

Cento anni dopo esatti suo nipote, Paolo di Sangro, figlio di Gianfrancesco, morì in quella stessa Gaeta da militare, tentando inutilmente di difendere Re Francesco II assediato dai piemontesi. A Gaeta nello stesso conflitto morì pure Riccardo di Sangro, III duca di Sangro. Le tombe si trovano nella Cattedrale di Gaeta.

A sinistra il monumento funebre a Riccardo De Sangro

Bibliografia

  • “Un sole nel labirinto. Storia e leggenda di Raimondo…” di Giuliano Capecelatro · 2010
  • “Raimondo di Sangro principe di Sansevero” Antonio Emanuele Piedimonte · 2010
  • “Raimondo di Sangro: il principe di Sansevero e la magia …” Giancarlo Elia Valori · 2014
  • “Gli ultimi giorni di Gaeta” Gigi Di Fiore · 2012
  • “Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo 3. di Borbone: 1759-1776” Bernardo Tanucci, ‎Rosa Mincuzzi · 1969

PER SAPERNE DI PIU’

Chi era il Principe di Sansevero? La biografia breve ma completa la offre il sito dedicato alla sua Cappella a Napoli – www.museosansevero.it – in cui si legge:

“Raimondo di Sangro principe di Sansevero (Torremaggiore 1710 – Napoli 1771) fu un originale esponente del primo Illuminismo europeo. Valoroso uomo d’armi, letterato, editore, primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, egli fu – più di ogni altra cosa – prolifico inventore e intraprendente mecenate.

Nei laboratori sotterranei del suo palazzo, in largo San Domenico Maggiore, il principe si dedicò a sperimentazioni nei più disparati campi delle scienze e delle arti, dalla chimica all’idrostatica, dalla tipografia alla meccanica, raggiungendo risultati che apparvero “prodigiosi” ai contemporanei. In virtù della sua concezione prevalentemente esoterica della conoscenza, di Sangro fu però sempre restio a rivelare nei dettagli i “segreti” delle sue invenzioni.

Il suo messaggio intellettuale è così passato alla posterità soprattutto attraverso il ricco simbolismo della Cappella Sansevero, meraviglia dell’arte mondiale, del cui suggestivo progetto iconografico il principe fu geniale ideatore. Parte di quel messaggio egli affidò anche ai suoi scritti, e in particolare alla Lettera Apologetica, opera che destò sconcerto sia per l’eccezionalità tipografica sia per il controverso contenuto, tanto da essere giudicata “una sentina di tutte l’eresie” e, in quanto tale, proibita dalla Chiesa romana.

Ora ritenuto un epigono della tradizione alchemica e un “grande iniziato” ora un interprete della giovane scienza moderna, Raimondo di Sangro alimentò un vero e proprio mito intorno alla propria persona, destinato a durare nei secoli. Con la sua poliedrica attività, ancor oggi avvolta da un alone di mistero, egli incarnò i fermenti culturali e i sogni di grandezza della sua generazione. Così lo ricorda l’iscrizione apposta sulla sua lapide: “Uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”.”

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