Formia: impiegati senza mascherine, Il direttore Chiude l’Ufficio Postale

Eppure il Decreto Ministeriale parlava chiaro: Verranno garantiti tutti i servizi essenziali. Eppure questa mattina i tanti cittadini che si sono recati di primo mattino presso l’ufficio postale del quartiere San Giulio di Formia hanno trovato una brutta sorpresa.

Erano le 8 e nonostante il freddo di questi giorni, in una ordinata fila, già si contavano dieci persone. A quel punto un addetto è uscito fuori annunciando la chiusura dell’ufficio per la mancanza di mascherine e presidi atti a garantire la sicurezza degli impiegati.

A dir poco furibondi i cittadini che avevano atteso l’apertura. In molti facevano notare che gli impiegati sono solidamente protetti da un vetro che li divide dai cittadini ma forse a mancare sono stati altri tipi di presidi di sicurezza, oltre le mascherine.

La domanda rimane: si può chiudere un ufficio pubblico senza programmazione ne preavviso? Si può costringere i tanti cittadini a recarsi in altri uffici, contravvenendo alle regole di prossimità del decreto? E sopratutto come possono fare quei cittadini i cui pacchi o raccomandate giacciono proprio in quell’ufficio? Allertate anche le forze dell’ordine per il disservizio che stanno facendo i dovuti accertamenti.

Questo lo sfogo pubblicato dal Dott. Simione, Presidente dell’associazione Webprogens che si è trovato in questo spiacevole contesto: “Siamo nel 2020, ad un mese dall’emergenza del coronavirus, ed i servizi pubblici che dovrebbero essere garantiti si perdono in un bicchiere d’acqua.

Sono le otto del 25 marzo 2020 e dotato di tutti i dispositivi di protezione previsti dalla legge e dal buonsenso, sferzato da un gelido vento inaspettato per una primavera ormai alle porte, attendo assieme ad una decina di altri concittadini l’apertura dell’ufficio postale. Siamo tutti distanti tra noi e nonostante le maschere di protezione le persone parlano. La voglia di socialità emerge forte in questi giorni di isolamento. Ognuno ha i suoi problemi, le sue paure. Ognuno esprime le necessità cui sta adempiendo, quasi a giustificare la sua presenza in strada. I discorsi mi arrivano attutiti sovrastando il rumore del vento. Sto gelando, ho scelto una giacca troppo leggera penso, e guardo sistematicamente l’orologio in attesa dell’apertura. Le otto e venti, ci siamo. Il primo della fila si avvicina alla porta dell’ufficio e bussa, quasi a voler reclamare un diritto. Nessuna risposta, le luci sono spente. Si attende: la puntualità non si esige di questi tempi. Poi finalmente una signora si avvicina al vetro dall’interno, gira la chiave e apre appena la porta: dalla mascherina che gli cela parte del volto esce una frase che non riesco subito a comprendere. Sarà la distanza ma capisco solo “mancanza di mascherine”, “se arrivano apriremo” ,“andate all’ufficio centrale” poi ritorna dentro e richiude a chiave. Tutti ci guardiamo, un po’ stupiti. Inizia uno scambio di informazioni tra presenti: dai più vicini alla fonte le parole passano da una persona all’altra, condite delle proprie impressioni, osservazioni, imprecazioni.. la notizia arriva anche a me, tra i più distanti, distorta da questo telefono senza fili virtuale, e mi lascia incredulo. L’attesa è stata vana, l’ufficio non apre, in barba alle garanzie dei servizi essenziali, dell’impegno di noi cittadini ad osservare tutte le disposizioni per la nostra sicurezza, dell’organizzazione governativa in campo, dell’innovazione, del progresso, di chi più ne ha più ne metta.. non hanno mascherine e non apriranno. Al diavolo le necessità, i pagamenti, le raccomandate misteriose da ritirare, l’attesa in fila, il vento freddo: andate altrove è il consiglio.
Non mi do per vinto, come tutti. Attendiamo nella speranza che queste mascherine arrivino per cielo per mare o per terra. I discorsi prendono pieghe diverse, la polemica monta ma scrupolosamente a distanza di sicurezza. Osservo. C’è un senso di rabbia e d’impotenza nei volti, stravolti da un cambio di abitudini di vita imprevisto verso un pericolo invisibile e una difficoltà nell’affrontare anche piccoli adempimenti quotidiani. Poi un’ombra si distingue dal vetro, sfuggente ed appare un foglio appeso di fretta dall’interno: UFFICIO CHIUSO per MANCANZA DPI. Mi viene da ridere (o da piangere?). Sono deluso. Le persone tra cui anche molti anziani molto infreddoliti si allontanano in cerca di altre soluzioni. Io resto. Non mi sembra giusto quello che sta accadendo. Chiamo le Forze dell’Ordine, le informo dell’accaduto, verranno a verificare (e sono puntualmente venute). Racconto la storia a qualche amico. Poi cedo. Ritorno a casa, al caldo e mi viene di sfogarmi, di scrivere e di condividere con voi tutti il mio “j’accuse” (verso chi potete deciderlo da soli).
L’enigma della raccomandata mi accompagnerà ancora per qualche giorno.”

Daniele Iadicicco

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