Ettore Filosa: Una straordinaria vita come tanti

Oggi per #StorieDiFamiglia raccontiamo la vita di Ettore Filosa di #Castellonorato. Una vita straordinaria fatta di guerra, emigrazione, lavoro e figli. Tanto straordinaria condivisa però da molti della sua generazione.

La famiglia Filosa è originaria di Trivio. Qui nel XV secolo troviamo già traccia dei notai Filosa, feudatari dei Caetani. La famiglia rimase popolata di notai fino all’800. Da Trivio la famiglia si diramerà in tutti i borghi di Formia stabilendosi nel 700 ugualmente a Castellone, Mola, Maranola ed appunto Castellonorato. Il nome Filosa, originatosi in Calabria viene da un tipo speciale di rete usata in quella zona per pescare i tonnetti. Fatta di tanti fili, una rete dunque filosa.

Stemma dei Filosa in Calabria

Il clan dei Filosa di Castellonorato è unico e si è generato per il matrimonio avvenuto nel 1797 tra Matteo Filosa di Trivio ed Elisabetta Zinicola di Castellonorato. La famiglia stabilitasi in quest’ultimo paese qui fiorì. E da questa coppia che discendono tutti i Filosa di Castellonorato, compreso il nostro Ettore.

E’ il 17 di agosto del 1879 quando papà Giuseppe e mamma Francesca Pepenella registrano la nascita di Ettore nel Comune di Castellonorato. Ettore cresce tra i vicoli del borgo e non appena ragazzino, come in uso a quel tempo, viene avviato al lavoro. Poco più che ragazzino inizia a lavorare con lo zio, Giacomo Pepenella, fratello della madre, che di professione fa il pellicciaio. L’attività è in zona Penitro (allora facente parte il Comune di Castellonorato).

E’ il 1895 ed Ettore ha appena sedici anni. Come ogni giorno lo zio Giacomo sta per chiudere la sua bottega. Assieme a lui ad aiutarlo, oltre che Ettore c’è il garzone quindicenne Francesco De Meo e la moglie Maria De Marco, di 45 anni. Si presentano in bottega cinque uomini che lasciano tutti impietriti. I componenti del gruppo sono tutti coperti sino agli occhi da fazzoletti così da non farsi riconoscere in volto, quattro di loro brandiscono sicuri dei fucili. Armati anche di bastoni entrano nella bottega. Giacomo Pepenella ancora pensa si possa trattare di uno scherzo, di una mascherata, che uno dei malfattori gli si avventa contro per legarlo. Un’altro scatta per immobilizzare suo nipote Ettore. Gli altri del gruppo sbarrano la porta di uscita del laboratorio di pellicce. Insomma una rapina a mano armata in piena regola. Giacomo si libera dalla presa dei malviventi e scopre il volto del suo aguzzino. Dopo una colluttazione riesce a fuggire e chi rimane alla mercé dei rapinatori è proprio Ettore che imitando lo zio si libera dalla presa e scopre il volto del rapinatore. Sono volti conosciuti ai due, anche se non paesani. I rapinatori, dopo denunce ed interrogatori verranno arrestati dalle forze dell’ordine.

La storia lascia l’amaro in bocca al povero Ettore che però non si da per vinto. E’ tempo della maturità ed è tempo di servire il Paese. E così nel 1899 viene chiamato per la leva militare. Assegnato il 26 marzo del 1900 alla 6a Brigata d’artiglieria da Costa può completare la leva obbligatoria a Gaeta.

Ettore adesso è libero di inseguire i propri sogni e di mettere su famiglia. Così, divenuto maggiorenne sposa una ragazza del suo paese. Il suo nome è Maria Vittoria De Meo. Nata l’ 8 ottobre del 1884 era figlia di Tommaso e di Alessandra Santillo. Quest’ultima più avanti rimasta vedova si risposerà in seconde nozze con Raffaele Tomao di Romualdo.

Vittoria De Meo Filosa

La coppia vive assieme molto poco. Ettore, come molti del suo Paese vuole tentare la fortuna nel nuovo Mondo. Decide di partire da solo. Se avrà fortuna la moglie potrà benissimo raggiungerlo. E così, assieme a due cugini, parte da Napoli per l’America. Arrivarono il 16 maggio del 1903 con la nave “Belgravia”. Ettore ha 24 anni. La destinazione è Pittsburgh in Pennsylvania, dove ad attenderlo c’è sua sorella, li sposata con Ernesto Pampena. Il gruppo formato come detto anche dai cugini Pietrangelo (14 anni) e Giuseppe (38 anni) Caramanica cerca lavoro e fortuna nel sogno americano. Durante la sua permanenza negli States Ettore viene pure chiamato di nuovo alle armi, ma registrato assente per emigrazione all’estero. Ettore vive in Pennsylvania appena tre anni, prima di decidere di tornare sui suoi passi. Prima di Tornare definitivamente a casa però nel 1906 dagli USA va in Francia. Precisamente a Marsiglia.

La città è letteralmente invasa da immigrati provenienti dal Golfo di Gaeta. Per Ettore è poco più che una sosta prima di tornare definitivamente alla sua Castellonorato, dalla sua Vittoria.

Ettore ha già 28 anni. E’ finalmente il momento di metter su famiglia sul serio. E così tempo 9 mesi nasce, siamo ormai nel 1907, il primo figlio. Viene chiamato come suo nonno: Giuseppe. Di li a poco lo seguirà nel 1912, il secondogenito Armando.

il figlio Giuseppe Filosa presso il macello di Formia

La vita non poteva ne voleva lasciare in pace il povero Ettore e così i suoi piani vengono interrotti di nuovo. Siamo nel 1915 ed il mondo doveva sperimentare la Guerra Mondiale. Ettore è subito arruolato e serve per tutta la durata della guerra il fronte Balcanico. E’ dislocato presso il Genio a Brindisi. E combatte sul fronte a Valona, in Albania.

Tutto sommato l’obiettivo maggiore, quello di riportare la pelle a casa, riesce a raggiungerlo. Così non fu per suo cugino Pasquale. Bersagliere, mandato al fronte morì a soli diciotto anni proprio nel 1918. Era figlio di suo zio Giovanni e di Giuseppa De Meo.

Ne segue un periodo di ormai desueta tranquillità. I primi figli crescono ed altri ne arrivano. Nel 1920 arriva Civita, nel 1924 Arturo, poi Antonietta e nel 1927 Luisa.
Per il suo servizio in guerra il 23 di ottobre del 1929 Ettore viene pure decorato della Croce al merito di Guerra. Il figlio più grande Giuseppe cresce e mette su famiglia, sposando Maria Teresa De Meo, di Michele e Rosaria Caramanica. La famiglia una dopo l’altra inizia ad avviare diverse attività commerciali nel Paese. Ettore apre un laboratorio in cui si reinventa produttore di mobili, manufatti in legno (oltre che di Bare), il figlio Peppino apre una macelleria, una alimentari, una taverna.

La posizione della famiglia è più che solida ma, come Ettore era ormai abituato a vivere, tutto doveva ancora una volta cambiare. Il Paese ripiomba nell’incubo della guerra mondiale. I Filosa, come tantissime famiglie, perdono tutto. La casa di Ettore in Via Seggio 47 come pure il suo laboratorio in Vico Seggio 15 sono distrutti. Le attività del figlio Peppino tutte andate come pure casa sua in Via Capo la Terra. al primo piano.

Castellonorato dopo la seconda Guerra Mondiale.

La bella e familiare Castellonorato viene abbandonata, ricostruire è impossibile. E così sia Ettore ormai anziano, sia il figlio si trasferiscono a Mola, in Via Abate Tosti.

Il primo di giugno del 1967 muore la moglie Vittoria che per gli ultimi anni della sua vita aveva combattuto con una malattia alla gamba. L’anno dopo, siamo al 5 di febbraio del 1968 muore anche Ettore Filosa.

Oggi l’eredità di Ettore, come di tutti quelli della sua generazione, è grande. La grande differenza di età dei suoi figli, avuti nell’arco di più di venti anni, fanno si che oggi ci siano generazioni che possono ricordarlo come quartavolo, come le piccole Sofia e Viola. Di chi può annoverarlo tra i trisavoli come il sottoscritto, assieme a Licia e Margot, sino a chi può ancora ricordarlo come papà, come la signora Luisa Filosa.

Daniele Elpidio Iadicicco

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